domenica 28 ottobre 2007

Capitolo 3.6 Iaido

"Falli uscire tutti, e forse non mi farò scudo con te per poi sgozzarti sul primo marciapiede"
Pei annuisce. Chissà come fa a capire che non è un bluff. Forse è solo troppo codardo per rischiare.
I suoi uomini escono dalla stanza, ubbidienti. Vado alla porta sempre trascinandomi Pei e chiudo a chiave dall'interno. Controllo che addosso non abbia armi, e lo getto via.
Eccoci soli. Il lupo e l'agnello, anche se mai ruoli furono più ambigui.
"Allora, signor Blade, quali sono i tuoi piani?" La voce gli trema in una malcelata sicurezza.
"Semplice. Un duello."
"Ahaha! L'avevo detto che sei un uomo molto teatrale! Ma, come hai potuto vedere tu stesso, io non ho armi con me!" Il riso è isterico, non è più quella grassa risata di prima.
"A questo, si rimedia"
I miei occhi si abituano all'oscurità. Siamo in una specie di studio, probabilmente uno dei tanti luoghi che usava per gli incontri, o per sbrigare queste piccole formalità. Alla parete c'è una collezione di katane. Ne sfodero una: affilatissima.
"Non dovresti giocare con questi stuzzicadenti, sai?"
"Dammene una se hai palle, e ti ritroverai senza più un arto prima di dire soltanto "cazzo"."
Sta prendendo coraggio. Mi piace.
Ne soppeso tre o quattro, e ne scelgo una.
"Scegli"
Si avvicina alla parete, e ne sfodera una, al primo colpo. Non è tutto folklore allora.
Bene, rischio quasi di divertirmi oggi.
Mi esibisco anch'io nello Iai, l'arte dell'estrazione della spada.
Non capirò mai il cinese. Hanno il vizio di metaforizzare tutto: le discipline marziali in occidente hanno nomi espliciti, la Krav Maga israeliana: "combattimento con contatto", la Boxe, a sottolineare "la scatola" dove si combatte, la Pankration greca, "combattimento totale". In cina no: Iaido significa La via della spada, ma è traducibile anche con La via per la conoscenza dell'essere.
Via per la conoscenza dell'essere!

Mi attacca sul fianco.
Blocco con una parata verticale. Il braccio mi duole terribilmente, non mi sono ancora ripreso del tutto dal pestaggio. Sento la vibrazione della lama scendere progressivamente, non si è ancora smorzata alla base del manico che Pei si gira e prova a falciarmi sull'altro lato. Non è veloce. Ma io non sono in forma. Paro anche questo colpo, ruoto il polso e provo a disarmarlo, ma lui scarta all'indietro e subito attacca con un affondo. Si è accorto che non sono al massimo e cerca di tenermi sono pressione. Mi piego sul lato, evito l'affondo e attacco sul suo fianco scoperto, lui fa appena in tempo a rigirarsi e a parare, ma è in posizione inversa. La spada così è una leva sconveniente. Faccio pressione e lo sento gemere, scarta all'indietro ed ecco che riattacca sul fianco. Scarto io stavolta, mi rifaccio avanti, tocco con la katana l'interno della sua, faccio leva col braccio sinistro e mi faccio strada verso il suo petto. Sarebbe stato più difficile mancare un bersaglio fosforescente. Ma gli occhi mi bruciano, fatico a tenerli a fuoco. Riesce ad evitare il fendente, si abbassa di getto, si tira su, e mi ferisce all'interno del braccio destro.
Indietreggio, e valuto la ferita al braccio. Profonda.
"Il primo sangue è mio."
"Non farci l'abitudine."
Lo attacco dal basso, un fendente verticale, ma lo blocca, si gira e mi colpisce a ghigliottina sulla gamba. La ferita al braccio mi rallenta la parata. Devio la sua lama e la mia gamba resta attaccatta all'osso, ma mi fa lo stesso una bella ferita sul quadricipite destro. Non reggo più neppure il mio peso, e mi inginocchio.
"Madornale errore darmi un'arma, eh signor Blade? E pensa, non ho niente da fare per tutto il fottuto giorno. Oltre a torturarti, ovviamente." Ride, il bastardo.
Ora.
Poggio la punta della lama a terra e faccio leva come fosse una stampella, tiro su la gamba integra e lo colpisco con tutte le mie forze nelle coste inferiori. Sento le ossa cedere sotto lo scarpone. Forse gli ho spaccato anche il fegato.
Non c'è un solo muscolo del corpo che non urli dal dolore, ma riesco a parlare.
"Madornale errore abbassare la guardia, Pei."
Sputa sangue e si accascia in ginocchio, sollevo la katana e gliela spingo in gola, ruoto il polso e sento la vertebre cervicali cedere per la pressione. Lo afferro per i capelli e gli stacco la testa di netto. Gli organi della testa cedono verso l'interno.
"Cazzo, Pei".
C'è poco da scherzare, lì fuori c'è la sua guardia personale con quegli Uzi da 600 colpi al minuto.
E io sono disarmato. E ferito gravemente.
Butto via la testa, tasto il corpo di Pei, e trovo il suo telefono cellulare. Preferisco quasi morire dissanguato che chiamare Bauer e convincerlo a portare qui una squadra di swat.
Quasi.

Capitolo 3.5 Carte di credito

Pei fuma, apre una finestra e guarda fuori... nella nebbia, che è scesa ancora una volta a nascondere le vergogne di questa città.

"Ah, Cara Barol, o Charlotte Harmon... lei è solo un piccolo dettaglio, neanche il più importante.
Forse poteva esserlo per me, forse per te."
"Non credo che per noi abbiano importanza le stesse cose, uomo."
"Ah ah ah! Maledetti coglioni irlandesi... sempre con il vostro orgoglio pronto a esplodere."

Fa un cenno.
Mi arriva un pugno nello stomaco...

"Tu non sai nulla di me Pei, e non potresti capire comunque. E tu, non toccarmi un'altra volta, o sarai morto prima di riuscire a ridere!"
"Ti risparmio un altro pugno per ora signor Blade... So essere così generoso a volte. Come lo ero stato con Cara. Lei era la mia preferita, non sapevo facesse un altro mestiere, ma sai signor Blade, al di là delle tue opinioni personali, io conosco ogni cosa."
"Che bello, conosco l'Onnisciente."

Un cenno, un pugno...

A vuoto,
mi alzo, si vede che non hanno frequentato la marina, nodi da ragazzini,
spacco la sedia sulla schiena del gorilla e gli schiaccio il setto nasale nel cervello con una testata.
Avrebbero potuto ammazzarmi in qualunque momento, ma sapevo che Pei mi avrebbe voluto vivo per qualche altro minuto. Idiota megalomane.
Ride.

"Ah ah ah, signor Blade tu sei estremamente divertente. Ora però vorrei finire. Il problema di Cara non era il suo incarico per l'MI6, ma mi aveva visto mentre dormivo. Era ovvio che dovesse morire. Questo è il primo motivo. Il secondo è che aveva decifrato i nostri codici per comunicare date e ore di partenza e arrivo dei carichi di armi da una parte e droga dall'altra, ma non aveva avuto il tempo di comunicarli a quel vecchio idiota di suo padre. Cose molto importanti succederanno tra poco, e io potrò iniziare a espandere il mio impero su tutto il tuo paese. Ecco il secondo motivo per cui doveva morire, sai signor Blade, io non avrei voluto, avrei preferito drogarla e renderla un vegetale, ma il mio amico Freddy ha più cuore di me."

Ci sono tre cinesi armati di uzi intorno a me, e Pei è abbastanza lontano da non poter essere strangolato.

"Ora morirai anche tu signor Blade, mi sei simpatico, ma sei un cane bianco, e anche onesto, sei inutile. Ma ti concedo un ultimo desiderio, ti ho già detto che so essere molto generoso."

Prendo dal portafogli una carta di credito e una foto:
"Prendile e falle portare alla bettola di Moe."
Pei fa avvicinare un suo uomo.
"Ho detto a te, Pei."
Viene.
"Ah signor Blade, tu sei veramente molto teatrale."
É a venti centimetri da me, gli afferro il polso, torco il suo avanbraccio e mi copro con il suo corpo. Gli ficco la carta di credito nella gola, non sapeva che ha una lama sul bordo.
"Non voglio nulla da te, Pei. Solo la tua vita, ma voglio prendermela strappandola di persona, io e te, soli, come lo siamo in questo mondo."

giovedì 25 ottobre 2007

Capitolo 3.4 Errore

In una situazione normale mi sarei travestito da idraulico e avrei girato un po' nell'albergo fino a trovare i gorilla fuori dalla stanza di Pei.
O lo avrei aspettato nella hall, in modo da avere più tempo per elaborare una strategia.
Ma due mustang distrutte e due cadaveri dentro una delle due, non rendono questa una situazione propriamente "normale". Uno dei due cadaveri praticamente non ha più la testa.
La gente sta scappando via per riversarsi nelle strade laterali. Anche dall'albergo stanno scappando via, il che mi fa pensare che qualcuno lì dentro ha cacciato fuori i ferri. C'è persino una vecchietta che corre, col suo bastone anatomico. Il tragico e il comico si inseguono continuamente.
Ma Pei , è ancora in quel cazzo di Petite Relais. Deve avere un esercito lì dentro per non scappare via neanche dopo un conflitto a fuoco a 200 metri da lì. E io ho pochissimo tempo.
Apro il bagagliaio della Ill Niño. Il paraurti posteriore è in condizioni pietose. Il tipo che ha fatto questo è fortunato a non avere più una testa.
Prendo un po' di attrezzi del mestiere che mi porto sempre dietro.
Sapete com'è: se cacciate tordi, vi serviranno dei segugi, un fucile calibro 12 e cartucce da 30 grammi di pallini di piombo al nickel-rame.
Se cacciate uomini, vi ci vogliono flash-bomb o granate al fosforo bianco, un fucile mitragliatore con caricatore bifilare modificato e una buona dose di follia.
Pronto.

Tiro una flash-bomb nella hall del Petite Relais. Alluminio e permanganato di potassio, solo rumore e luce, niente di letale.
Al lampo segue il tuono, entro col fucile spianato, selettore su "Full Automatic": questo si che è letale.
Nessuno.
Proprio nessuno.
Sparo qualche colpo di copertura e mi lancio su per le scale, ma neanche qui c'è nessuno.
Inizio a salire le gradinate, le suite sono sempre ai piani più alti.
Al quarto piano vedo una porta aperta, ma neppure un uomo di guardia. Avanzo fino alla stanza e butto dentro un'altra flash-bomb. Entro dentro, ma non c'è nessuno neppure lì.
Mi sembra di essere in un film surreale, quando noto la finestra aperta. Guardo di fuori e vedo un cinese sul tetto dell'edificio di fronte che mi alza il dito medio. Non faccio in tempo a capire che cosa sta succedendo che un botta dietro la testa mi fa perdere i sensi.
Faccio solo in tempo a pensare: "Idiota".

Mi risveglio con un pugno, legato ad una sedia, in una stanza buia. Ho il sapore di sangue in bocca, devo essere stato pestato, ma non ricordo niente. Ho un mal di testa di proporzioni escatologiche e quando provo ad aprire di più gli occhi vedo soltanto cerchi colorati.
"Finalmente" dice una voce
"Ho ragione di credere che mi stavi cercando. In genere ti avrei tagliato la gola e ti avrei buttato in pasto ai pescecani, ma non mi sembri un sicario. Neppure il più stupido dei sicari avrebbe fatto il casino che hai combinato tu, perciò ti concedo altri tre minuti di vita."
Cerco di respirare a pieni polmoni per recuperare un po' di lucidità, e qualcuno mi butta un po' d'acqua in faccia.
Sono chissà dove, ferito, legato, e circondato dagli uomini di Pei. Perfetto.
Riesco a biascicare solo poche parole.
"Cara Barol. Voglio sapere perchè l'hai fatta uccidere."

sabato 20 ottobre 2007

Capitolo 3.3 Divertimenti notturni

Seguo i miei casuali amici orientali tra le vie centrali della città fredda, una delle poche zone della città in cui i lampioni funzionano ancora, illuminando la statua di Gregor Coffin, colui che posò la prima pietra del primo edificio di questa città. Un trading post ovviamente.

Il mio discreto pedinamento prosegue fino all'Hotel Petit Relais, alle spalle di Virginia Sq. dove quello che un tempo era il municipio cittadino è sovrastato da oscuri palazzi di vetro.
Proseguo per circa trecento metri per parcheggiare dove non parcheggerebbe un Blade, quando la mia Ill Nino viene spinta in avanti da una forza non impressale dal suo apparato meccanico.
Qualche bastardo mi ha tamponato.

Avrei dovuto capire che sarebbe stata una serata movimentata quando due mustang nere si erano accodate alla mia Ill Nino, il problema è che noi Blade amiamo il movimento.

Una delle mustang mi si affianca mentre l'altra cerca di tamponarmi di nuovo.

Non sopporto quelli che non svolgono il proprio dovere con coscienza, soprattutto se di mestiere fanno i gorilla. L'inesperto autista della mustang al mio fianco ha commesso un grosso sbaglio quando nel tentativo di superarmi per tagliarmi la strada perde aderenza sulle foglie marce che ricoprono l'asfalto, gli altri ospiti del veicolo non hanno la stabilità sufficiente per mirare.

Io sì, prendo il fucile a pompa che porto sotto il sedile passeggero della Ill Nino e sparo due colpi verso la fiancata alta della mustang. É difficile che la macchina abbia ancora un pilota, il fucile è caricato a pallettoni...
É una fortuna che non abbia preso l'utilitaria.

Nove secondi e si schianta contro la facciata del Rigby's Theater... un gran botto...

Inchiodo, la seconda mustang sterza all'ultimo momento per non venirmi addosso rovinosamente, ma Collins Street è un imbuto e non possono beccarne l'uscita a quella velocità, sbattono contro il colonnato del mercato coperto, pregevole costruzione ottocentesca.

Escono in due soltanto, e scappano...
Bauer non dovrebbe fare troppe storie questa volta. Andrò a farci due chiacchiere magari,
prima però voglio conoscere il gestore del Petit Relais.

martedì 16 ottobre 2007

Capitolo 3.2 Il Manicomio

Il sedile della Ill Niño mi accarezza dolcemente nell'inerzia dell'accelerazione. Spingere la leva del cambio è palpare la gamba di una bella donna, la vibrazione dell'asse i suoi fremiti, la benzina nel carburatore la mia eiaculazione, il motore che entra in coppia il suo orgasmo ululato.
Ma non è il momento di gustarsi i piccoli piaceri della strada.
È tempo di caccia.

Arrivo al Manicomio.
Ogni volta che mi fermo qui davanti un brivido mi percorre tutto il corpo. Nel cuore della città il suo cancro più grande: un edificio tirato su con ossa per mattoni e sangue e droga come calce. È qui che finirà tutto, le macerie di questo edificio saranno la mia lapide, presto o tardi. Di tutto questo non resterà in piedi neppure un pilastro, l'ho giurato.
"Il Manicomio", come lo soprannominano in città, la roccaforte del pazzo, il castello di Freddy.
Ho passato mesi a studiare un piano di attacco, ma lì dentro c'è un esercito. Non c'è possibilità nè di entrare nè di uscire. Freddy è sempre barricato dietro vetri blindati, e quando esce è insieme ad altre 4 finte auto con i vetri scuri e una scorta da fare invidia al papa. A meno di fare una strage, è intoccabile. E una regola che mi sono sempre imposto in questa guerra è: niente innocenti.
Sapete com'è, è una cosa personale.

Mi aspetta una lunga attesa. Trovai parcheggio in modo da vedere l'uscita e accesi la radio:
...e gli Hawks battono i Sunset di due misure, ma passiamo alla politica...
...ed erano i Last Tears col loro ultimo successo...
...l'anticiclone si fa attendere anche quest'anno perciò il brutto tempo...
...Sunday bloody sunday..
Ecco, rimaniamo in tema.

... Non posso crederci. Gente della triade che esce dal palazzo di Freddy.
Devo seguirli. Se Freddy si barrica in casa, alcuni dei suoi generali invece preferiscono spostarsi continuamente. Anni prima Chang Pei era riuscito nell'impossibile, aveva riunito le dodici famiglie delle triadi. Un atto coraggioso, con tutti quelli che ci guadagnavano dalla situazione di lotta perenne. Si dice di Pei che non resti mai per più di due ore nello stesso posto e che non dorma mai due notti nello stesso letto. Ma se gente della triade viene fin qui a parlare con Freddy, è a Pei che andranno a riferire.
Rimetto in moto, ho sbagliato a non uscire con l'utilitaria, la Ill Niño è molto più vistosa, ma non sospettavo di finire la serata con un pedinamento. Meglio mettere un paio di macchine tra me e loro, e usare un po' più d'attenzione del solito.
Ci passo davanti, e saluto il Manicomio.
Per il momento.

lunedì 15 ottobre 2007

Capitolo 3.1 Presenze

Questa città sta marcendo, e non per via della nebbia o dell'umidità... Il freddo dovrebbe tenere i batteri in condizioni di non nuocere. Muffe verdi tuttavia si allargano sui quartieri, lentamente,
costantemente, facilmente.

Ho bisogno di pensare, ma questa volta ho bisogno di aiuto per farlo. Prendo la Georgetown Ave., umida e scivolosa come tutto il resto stasera. Respiro il freddo e minuscole gocce di acqua mentre cammino per dieci minuti senza incontrare la parvenza di un'anima con il corpo annesso.

Arrivo da Moe's alle dieci circa, non c'è un anima nel locale, nel senso che neanche i fantasmi frequentano più questo posto, a parte me ovviamente, e Moe che lo tiene aperto. Non di sera almeno.

"Max, puzzi di alcool."
"Non ho ancora toccato nulla vecchio..."
"Appunto Max, io vedo che il tuo spirito puzza di alcool... Buona questa...
Il tuo spirito puzza di alcool... E comunque puzzerai quando uscirai di quì, no?"
"Se puzzerò è perchè non apri mai le finestre. Dammi un Bushmills, doppio."
"Ah il sangue irlandese..."

Tiro giù quattro whiskey di fila... inizio a sentirmi meglio, mentre Moe continua a parlare
di quando pescava tonni nel Mare del Nord.

"Hai capito Max? Un brigantino intero, mio nonno aveva trovato un intero brigantino arenato
in un buco sulle Orcadi..."
"Moe da dove devo partire per cercarlo?"
"Il brigantino? Nel posto più ovvio, quello dove andresti comunque, sulla costa sud orientale, infatti non capisco come abbia fatto quell'asino di mio nonno a trovarlo."
"Sì Moe hai ragione... Ci vediamo."
"Andrai a cercarlo Max?"

Esco nella mia cara putrescente città, le cose sono più semplici ora...
Ora so dove andare a cercare...
A casa di Freddy il Pazzo, in fondo mi mancava quel bastardo.

lunedì 8 ottobre 2007

Capitolo 3 - Ronin

La nebbia non accenna a diminuire. I fendinebbia della mia Ill Nino faticano a mostrarmi quel poco di città che c'è lì fuori.
Non che mi perda molto.
E comunque, "niente è più visibile di ciò che è nascosto".

L'atmosfera mi riporta alla mente tutti i miei allenamenti di arti marziali, i miei vecchi maestri, e i loro insegnamenti. Non c'è niente di peggio che una notte nebbiosa per un lamentone attaccato ai suoi pochi bei ricordi. Ma ad essere sincero, del confucianesimo sapevo poco. Tutti sapevano poco, dato le persecuzioni che ricevettero i praticanti.

Nonostante non fosse l'orario per le visite, decisi di recarmi ugualmente al tempio confuciano: non conoscevo Fang Wei, ma non era certo il momento di badare al bonton.
Con me non lo è mai, a dirla tutta.
Il tempio spicca come un neo su un culo. È uno dei pochi posti che non è ancora stato comprato e abbattuto a favore dell'edilizia urbana. "Il rispetto per gli antichi è un valore borghese" diceva Mao. Parcheggio l'auto lì vicino e oltrepasso le colonne rosse del cancello. Due guardie del corpo in miniatura mi si avvicinano. In un normale corpo a corpo avrei potuto spaccargli la testa una contro l'altra, ma pensai la stessa cosa la prima volta che vidi il mio maestro di aikido. Vi lascio immaginare quante ne presi.
"Cosa vuole"
"Fang Wei"
"Il Maestro è occupato"
"Certo, è occupato per me"
"Meno spiritoso, e gira il culo"
Mi immagino già la scena: estraggo la pistola spaccando col calcio dell'arma il naso al primo, prendo per i capelli il secondo, gli ficco la pistola in bocca spaccandogli tutti i denti e gli sparo dentro, la tiro fuori e mentre il fumo non è ancora cominciato ad uscirgli dalla cavità orale sparo in mezzo agli occhi anche a quello col naso rotto.
"Devo parlargli, è importante"
Stanno per aprire di nuovo bocca, quando sento una voce dire qualcosa in cinese e le guardie si dileguano.
"Venga, ospite"
Entro nelle stanze. Il maestro si sta avvicinando ad un tavolino al centro della stanza, ma si volta, mi fa un inchino e si siede. Fa segno di sedere anche a me. Butto l'occhio sul tavolo, ad occhio e croce stava componendo delle opere calligrafiche.
"Questo è un luogo di pace, ospite, lascia lì le tue inutili armi"
Tolsi il cannone dalla fondina e lo lasciai sulla porta.
"Mi chiamo Max Blade, e sono un amico di Cara"
Finalmente l'uomo mi guarda con interesse, muovendo la testa con un gesto che trasuda chi, la cosiddetta energia vitale.
Mi sedetti. La prova cominciava.
"E cosa ti porta qui?"
"È il mio do, la mia strada"
"E cosa c'è alla fine della sua strada, ospite?"
"Sono qui per scoprirlo"
Rise come un bambino
"Ingenui, potete anche studiare le nostre arti, ma non sarete mai davvero come noi"
Sapevo a cosa faceva riferimento.
Quando combattete contro un uomo addestrato, lui sa che non deve avere paura, perchè la paura è la vera nemica.
Quando combattete contro un orientale, lui non ha paura.
"Maestro, sono diventato un ronin, un samurai senza padrone, perchè il mio padrone è morto, e trovare i colpevoli è l'unico modo per riscattarmi"
"Non ci sono modi per riscattare un ronin, tranne il seppoku"
"Il suicidio è inutile. È solo un punto in più per l'altra squadra. Non era solo il mio padrone, Cara era mia amica, e probabilmente anche sua. È la giustizia la guida della mia coscienza."
Mi guardò attraverso, come per leggermi dentro. Si accarezzo la barba, per un attimo la sua espressione perse quell'aria di sicurezza che aveva.
"Mi dimostri di essere un junzi, un uomo benevolo, ronin. Ma devi fare di più. Ora pensaci bene, guarda a fondo dentro di te e rispondimi: cosa c'è alla fine della tua strada?"
"Alla fine della mia strada c'è la morte, maestro"
Il vecchio chiuse gli occhi, e si tirò leggermente all'indietro.
"Il messaggero che nulla ha inventato ci ha insegnato il ren, l'armonia con gli altri, e la verità. Ma la verità, ronin, è che le cose sono molto più complicate di quello che tu pensi. Cara è rimasta incastrata in qualcosa più grande di lei. Dimentica la tua missione, e trova un nuovo signore"
"Forse qualcuno dimenticherà, ma non io. La mia volontà non vacilla, ma è lei che mi deve illuminare sulle volontà del cielo."
Il Maestro si accarezza di nuovo la barba. Ha delle labbra strette e il volto un po' smagrito, ma quello che più mette in soggezione sono i suoi occhi vitrei.
"La tua volontà è davvero rigida come dici, lo avverto. Se anche io non parlassi, tu arriveresti lo stesso alla verità. Io non amo quello che succede nel quartiere, per questo aiutai Charlotte e gli altri tempo fa. Cara lavorava per Chang Pei, l'uomo di chinatown. Il traffico principale qui è la droga, ma Pei non è soltanto il capo delle triadi, i suoi legami sono molto più ampi e si estendono per tutta questa città fredda. Ma queste cose tu le sai già, non leggo sorpresa sul tuo volto."
È vero, in realtà sospettavo che l'MI6 fosse implicato in un giro di queste dimensioni. Ma la cosa bella, è che non provo qualcosa di neppure lontanamente vicino alla paura. Sono Davide con la mia fiondina del cazzo che sconfiggerà Golia.
O, male che vada, sono una mosca sotto un picchietto, che lascierà una lunga scia di sangue su di un muro.
La verità, è che non me ne frega niente. E comunque, ora i miei orizzonti si sono di nuovo allargati. Non avevo idea di dove cercare Pei, nè di cosa avrei fatto quando l'avrei trovato, ma non sono uno che si pone troppe domande. Il segreto è agire più in fretta dei propri pensieri.
"Cerca di essere all'altezza del tuo compito"
"Io ci provo sempre"

sabato 6 ottobre 2007

Capitolo 2.7 Nebbia nel parco

Ormai pensavo di aver imparato qualcosa da questo mestiere, cazzo.
Ad esempio, credevo di aver imparato ad aspettare, non è così. I tempi delle indagini,
la diligenza e la costanza negli appostamenti, attendere i rumori vaghi nell'aria e catturarli,
ore di ricerche per frammenti di verità. Credevo di avere imparato tutto questo.
Credevo male.
Ventisette ore e ancora nessuna notizia di JH 01.

Il nulla...

...

19:37 una chiamata di Leroy: "Maximilian, Mist Parc, fra dodici minuti."
Ne bastano otto.

...

Turbinano le foglie secche nel parco, la nebbia invece è immobile. Attraverso il
vialetto ghiaioso dell'ingresso e aspetto. Presso una panchina alla mia destra tre tipi vestiti in nero parlano concitatamente. Non sembra una conversazione amichevole.
Partono due pugni e un calcio verso uno dei tre, un gemito, si accascia.
Non è una conversazione amichevole...

Se l'esperienza di mio nonno a Chicago mi avesse insegnato qualcosa resterei quì a guardare,
ma noi Blade non impariamo dall'esperienza.

Corro verso i due picchiatori e tiro un gancio nello stomaco del primo, poi estraggo e punto la
pistola sul secondo. Nessuna parola, il picchiatore corre a fendere la nebbia, seguito subito,
per quanto possa permetterlo uno stomaco dolorante dal suo socio.

Mi avvicino al malcapitato, lo aiuto a rialzarsi, questi si pulisce del fango e dice:

"Grazie Maximilian, Leroy aveva ragione, arrivi sempre al momento opportuno. Sono JH 01,
puoi chiamarmi Adam se ti piace. Grazie per avermi tolto di dosso quei due, pretendevano che gli restituissi gli spiccioli che gli ho spillato a poker."
"Ok Adam, senti sono talmente felice di conoscerti che non ho neanche voglia di farti domande.
Quindi dimmi quello che devo sapere e fallo in fretta."
"Mi avevano sempre detto che fuori dell'Europa le buone maniere non sono molto praticate. Comunque: ascolta, le risposte che cerchi sono a Chinatown, rivolgiti a Fang Wei, lo troverai al tempietto confuciano rosso, di sicuro.
Ricorda solo questo: Charlotte era pulita!"

Non lo guardai neanche, mi girai e andai via.

"Charlotte è morta..."