mercoledì 20 febbraio 2008

Menate

Oggi per la prima volta, dopo tanto tempo, ho sfogliato un catalogo di moto.
E il fatto mi ha riportato alla mente la mia ultima moto.

Ve la ricordate vero?
La gloriosa Cagiva 125.

Faceva tanto di quel casino che sembravano stessero decollando 19 boeing 767. Mi sentivano fino a Copenhagen quando la mettevo in moto. E aveva una carburazione così grassa che quando passavo dalla seconda alle prima usciva una nuvola di fumo bianco che dall'Ohio gli indiani mi rispondevano "Va bene".
Eh.

Quando presi la moto inizai ad apprezzare la totale libertà di movimento. Ve lo ricordate l'ultimo autobus delle 6:30 pm? Cioè, se dovevo tornare a casa alle 6:30, a che cazzo d'ora dovevo andare a Forenza?

E fu proprio durante una trasferta a Forenza che conobbi quella tipa di Barile.
Era un'amica di Mary (quella stupida, non la splendida), e questo doveva già farmi capire tutto, ma eravamo giovani e speranzosi, perciò quando vidi giungere sul mio cellulare un invito nel paese del vino buono, non seppi rifiutare. Ma non sto scrivendo per raccontarvi di ciò.

In realtà dopo il catalogo, dopo la moto, dopo Barile, mi è venuto in mente mio fratello.
Si, il piscione.
Un giorno in cui ero andato a Barile con la mia 125, mia madre e mio fratello andarono al centro estetico. Sono passati ormai 7 anni, l'estate tra il primo e il secondo liceo, perciò mio fratello aveva... 6 anni.
Ecco, un piscione di sei anni.
L'estetista, per dargli da parlare gli chiese: "Allora, Vittorio, dov'è Luigi?"
E quello prontamente rispose: "Mah, in giro per la Basilicata a rimorchiare ragazze"

E la mia autostima crebbe. Cazzo se crebbe.

Cioè, voglio dire.
Io ai suoi occhi, ero davvero un novello Che Guevara che, abbandonato il fucile, imbraccia l'uccello, e a cavallo della sua Poderosa va' in giro per il mondo inespolorato ad espandere il predominio venosino sulla lucanità tutta.


Gente, ci siamo imbruttiti di brutto da quei tempi.
Dove sono finiti quei ragazzini? Quelli che si facevano crescere il pizzo nonostante Vallarelli ci diceva che assomigliavamo a delle pecore (con tutta la ragione di questo mondo, s'intende), quelli che hanno fatto un lavoro alla Fusco stando 36 ore davanti al pc con 2 bottiglie di cocacola, quelli che scrivevano su "Compagni di scuola", quelli che mettevano in imbarazzo i testimoni di geova parlandogli della critica di Hegel alla fenomenologia Kantiana, quelli che andavano al cinema e poi da Ivano a discutere del film, che se no a che serve, quelli che "Una battaglia si terrà stasera nella valle del Morrigan" (ma ovviamente il messaggio non ce l'ho più), quelli che ne capivano ancora di politica, quelli che non erano così ignoranti.

Gente, ci siamo imbruttiti di brutto da quei tempi.
Forse solo Antonio no, e meno male, perchè peggio di com'era allora...

Ma non vuole essere una autocritica questa, che di autocritiche ne ho abbuffatti gli stracoglioni.
Voleva essere solo uno sprono.
Prima a voi, e poi a me, che non sia mai detto che non sia in fondo al trenino.
Ciuf.

sabato 9 febbraio 2008

Capitolo 4.7 Verità sospese

Il letto è un caldo abbraccio di acciaio e cotone.
Chissà se prendo sonno... devo riposare, perché domani sarò in prima linea.
Sicuramente Freddy non si esporrà dopo quello che è successo oggi, ma lo stesso vale la pena di andare a vedere.
Intanto ho ritirato i documenti alla Chase Manhattan. Bella roba: estratti conti di banche estere, ricevute di versamenti, bollettini e bonifichi... c'è tutto quello di cui ho bisogno... e anche di più.
Di tutta questa faccenda c'è solo una cosa che mi prude.
Quasi per caso mi è caduto l'occhio su un nome.

Ok, non faccio l'ipocrita: l'ho cercato per una buona mezz'ora, fino a quando ho trovato una ricevuta: 200.000 pezzi sul conto di Charlotte, alle Solomon Island.
Poi un'altra da 100.000.
E una da 250.000.
E queste sono solo quelle dai conti di Khodorkowski.
Sono curioso di sapere quanto ne sapevano i servizi segreti di sua maestà di questi conti, o quanto lei abbia davvero rivelato di Pei, dato che neppure suo padre ne sapeva niente.
Chissà che non abbia cominciato a trovarsi più a suo agio come mafiosa che come infiltrata, salvo nel momento in cui è stata scoperta.
È inutile, non posso indagare sulla coscienza. Quella forse, è l'unica cosa davvero privata che c'è rimasta. È un secchio d'acqua torbida: per quanto lo rimesti, non ne vedrò mai il fondo.

Chissà se prendo sonno... devo riposare, perché domani...

La verità, è che a questo punto posso solo continuare sulla mia strada.
Posso spaccare qualche testa.
Posso sparargli nelle articolazioni.
Posso renderli sterili a calci.
Posso far rimpiangere a quei figli di puttana il giorno in cui hanno deciso di uscire dall'utero.
Fargli rimpiangere che la loro madre non facesse solo pompini.
Ma per quanto cerchi di non pensarci, non posso fare nient'altro.
A questo punto, posso davvero solo continuare.sulla.mia.strada sperando di non restarci secco per i begli occhi di una stronza e per i 1000 pezzi che sto cercando di meritarmi.
La cosa più importante è la consapevolezza di aver fatto tutto da me. Il destino è probabilmente uno dei maggiori comfort della nostra società, insieme ai preservativi XL, l'aria condizionata, la tv via cavo...

Chissà se prendo sonno... devo riposare...

Devo anche decidere cosa fare con qulle carte, più i documenti di Pei. Quelli da soli non erano abbastanza, ma insieme alle prove che tutte quelle mazzette arrivavano davvero a Khodorkowski, ecco che diventa ottimo materiale davanti un giudice. E se Khodorkowski ormai è storia moderna, il vice-presidente c'era abbastanza legato da andare affondo insieme a lui in una indagine federale.
Il problema è che non posso consegnarli ai giornali, nè alla tv. Corro il rischio che vengano insabbiati, che per paura di multe o condanne per diffamazione i direttori preferiscano aspettare un po'. Gli stessi direttori potrebbero non credermi.
L'NSI o l'FBI, per conservare l'equilibrio interno della nazione preferiscono nascondere queste piccole crepe nella loro perfetta democrazia e usarle più che altro per ricatto.
Devo trovare un modo per far arrivare questi fogli alla gente, così nessuno potrà far finta di niente. E per avere l'appoggio dei media devo fare in modo che loro possano parlarne senza esporsi troppo.

Ne scriverò su un blog.

Chissà se invece prendo sonno...

venerdì 8 febbraio 2008

Capitolo 4.6 Riders on the storm

Un messaggio al dipartimento di Bauer dal cellulare di Mastell dovrebbe essere sufficiente a far evacuare lo Sheraton sotto la minaccia di qualche altra esplosione, e dovrebbe essere anche piuttosto credibile.

"Ufficio del tenente Bauer, mi dica..."
"Chiamo per conto dell'onorevole Mastell, controlli pure il numero, volevamo segnalarle che abbiamo motivo di credere che lo Sheraton sia minato e l'onorevole teme per l'incolumità dei suoi concittadini dopo quanto accaduto poco fa."
"Il, numero corrisponde, in effetti il tenente è fuori, mi occuperò personalmente di inoltrare l'allarme allo Sheraton, ringrazi l'onorevole."
"Arrivederci."
E grazie.

Khodorkowski non lascerà l'albergo, così come tutti i personaggi di una certa importanza, finchè non avrà certezza della realtà della minaccia... ma agli artificieri serviranno almeno tre ore per setacciare lo Sheraton. Me le farò bastare.

Tiro fuori la divisa dal bagagliaio, aveva ragione Moe quando mi disse che un giorno sarei stato costretto a rimetterla, ma non per i motivi previsti...

Arrivo allo Sheraton e passo indisturbato dall'ingresso posteriore, uno sbirro in più con i gradi di sergente non desta grandi sospetti, se solo potessero vedere che la pistola non è esattamente quella di ordinanza forse avrebbero qualche esitazione, ma del resto il dubbio è soltanto il massimo segno dell'intelligenza.
Mi dirigo alla 354, mentre i lampadari di cristallo mi ricordano quale dovrebbe essere la luce del giorno, anche in una città che muore, perchè almeno il Creato fu creato per tutti. Cammino tra i corridoi bianchi incorniciati in lamine d'oro, su tappeti rossi e superando carrellini delle consegne in camera abbandonati nei corridoi, con gli champagne ormai non più freddi lasciati lì in solitudine.
Divento quasi triste quando vedo queste scene.

La 354 sarà sorvegliata di sicuro, ma come dicevo io non ho con me l'arma di ordinanza. Queste automatiche inserite nelle maniche del cappotto da poliziotto hanno un puntatore a infrarossi e un piccolo mirino telescopico, e poi ho scoperto che a volte anche il silenziatore ha la sua utilità.

Se le mie previsioni continuano a darmi ragione in questo modo credo che sia venuta l'ora per andare a scommettere all'ippodromo. Solo due guardie del corpo all'ingresso. Mi avvicino.

"Sergente Ford, Harrison Ford. Dovrei eseguire un sopralluogo preventivo in tutte le camere rimaste occupate."
"Dovrà lasciare l'arma di ordinanza a noi sergente, poi vedremo se il signor Khodorkowski può riceverla. Confidiamo che lei capisca."
"Certo. Intanto potreste avvisarlo per velocizzare l'operazione? Mi mancano sette camere e vorrei andarmene a casa, per lo stipendio che prendo, sapete?"
Aveva ragione Pei: sono fottutamente teatrale.

"Il signor Khodorkowski può riceverla."

Lascio tutta la cintura al tipo sulla destra, mentre quello sulla sinistra apre la porta...
Incrocio le braccia per premere i grilletti, i puntini degli infrarossi sono sulle loro tempie come due coccinelle estive, premo due volte... Buco le loro teste da parte a parte ed entro.
Dorin Khodorkowski è seduto su un divano a sorseggiare whisky e a vedere la tv... Provo quasi pietà.

"Ciao Dorin, sono Maximilian Blade, sono quì per sradicare la piaga della tua esistenza dalla terra."
Si gira e fa per emettere un richiamo, ma alla vista delle armi capisce che nessuno correrà ad aiutarlo, quindi si ricompone e parla.

"Blade, Blade... sapevo che saresti arrivato. Sai i tuoi sogni sono difficili da realizzare, uccidendo me non cancellerai l'ingiustizia dal mondo."
"Costruire castelli in aria non costa nulla: il difficile è buttarli giù. E il mio ti assicuro che è molto resistente. Quindi ora tu mi dirai da dove e quando partiranno i prossimi carichi di armi e rifiuti tossici e dove invece arriverà il prossimo carico di droga e anche chi ci sarà ad aspettarlo. Altrimenti... Be' altrimenti saluterai lo Sheraton per sempre... e i soldi non ti compreranno un'altra vita."
"Cosa ci guadagno Blade? Mi ammazzeresti comunque, i tuoi occhi parlano più di te."
"Si ma moriresti più in fretta e con la coscienza meno sporca magari, e poi chissà, potrei anche avere pietà."

...

Due minuti di silenzio...
Alzo le pistole e gliele punto in faccia, avvicino gli indici ai grilletti...

"OK, cazzo! OK... Al molo sette arriva la droga sulla Orient Star domani sera alle 18:00, ci sarà quell'idiota di Freddy il pazzo ad aspettare credo... le armi e i rifiuti per l'Africa partono dal molo otto, con la Pequod alle 22:00. Scomparirò Blade, lo giuro, ho abbastanza denaro sui conti alle Cayman per ritirarmi."
"Verso del whisky per due, intanto ci penso..."
Gli porgo un bicchiere.
"Alla tua salute Dorin, oggi sarà il tuo giorno fortunato, se mi lasci l'accesso ai documenti che mi permetteranno di mandare in galera il nostro vice-presidente senza coinvolgerti troppo."

Tira via una chiave appesa al collo.

"Una cassetta di sicurezza alla Chase Manhattan, è tutto lì. Grazie Blade."

Mi giro e me ne vado.
Sono quasi dispiaciuto di avergli versato tutto quel cianuro nel bicchiere.

Capitolo 4.5 Di vermi, mine, e cocktail amari

Dietro il bancone c'è un telefono. Ci aggancio un giocattolino che mi sono portato da casa, forse mi tornerà utile dopo.

Il gorilla ha detto l'ultima a destra.
Come per i cessi, tutto torna.
Apro la porta.
Eccolo lì, Mastell nel suo completo blu, tarchiato e con i capelli del riporto unti, il miglior rappresentante della politica cittadina.
Gli occhi guardano a destra e a sinitra ininterrottamente, come se stesse guardando una partita di ping pong in giappone.
"Mastell, non mi innervosire, non ti conviene."
Vede il fucile a pompa e fa scivolare la mano sotto la scrivania.
"Io lo so che sei un idiota. Ma hai sentito quelle fucilate lì fuori, no? Secondo te, quante probabilità ci sono che premendo il campanello arriva qualche gorilla ad aiutarti?"
"Li... li hai uccisi tutti?"
"Ehi! Mi hai preso per un macellaio forse? Due stanno andando all'ospedale con un mio amico..."
"U... uno è mio cugino..."
"Se come immagino è quello più basso e brutto, hai sbagliato a coniugare il verbo: era tuo cugino."
Degluttisce.
"Cosa vuoi? Soldi?"
"Accidenti, allora sapete andare subito al sodo voi politici eh? Sai, io credevo che fosse tutto vero quello che si vede alla tv, che voi politici DOVETE dilungarvi per ore per dire una stronzata... e invece no... chi l'avrebbe mai detto..."
Mi siedo sulla poltrona davanti a lui, tiro su gli scarponi sulla scrivania e tengo il fucile di traverso, puntandoglielo dritto sulla faccia. Lui guarda il sangue gocciolarmi dagli scarponi sulla sua scrivania.
"Scusa... forse ce n'è un po' di tuo cugino lì..."
Sbianca. Per quanto gli sia possibile sbiancare ancora.
"Vedi Frank... ti posso chiamare Frank, vero? Vedi Frank, io ho un problema. Non sono soldi, figurati, quelli servono solo alle merdacce come voi, noi persone comuni ci accontentiamo di quel po' di pane che riusciamo a recuperare onestamente. Il mio problema è un altro: ho urgente bisogno di parlare con un tuo amico. Sai come funziona in questi casi no? Telefonate, liste di attesa, rappresentanti, segretari... beh, ho pensato di bruciare un po' di tappe, bella idea eh?"
"Ch... chi stai cercando?"
"Ci sto arrivando Frank, ci sto arrivando... vedi, io sono un detective privato, mi chiamo Max Blade, se ti serve qualcosa sono a disposizione, si intende. Ti dico il mio nome solo perchè c'è gente pronta a testimoniare che ora sono in un bar a sorseggiare del Bushmills, e se sei una persona intelligente anche tu ti dimenticherai di tutto questo... ma, vedi è da tanto che sto indagando su una questione di famiglia... Non devo essere di certo io a dirti quanto sono importanti le questioni di famiglia, vero? La famiglia è sacra, Frank, non è vero?"
Mi guarda, pallido.
"Rispondimi, Frank, non è vero?"
"Si..."
"Oh, vedi che ci intendiamo Frank? Allora, il fatto è che sono arrivato ad un punto morto nella mia indagine, e per andare avanti, ho necessità di parlare con Khodorkovski"
"...E cosa ti fa pensare che io sappia dov'è Khodorkovski?"
"Niente, Frank, niente, ma io mi AUGURO che tu lo sappia..."
"Beh, stai perdendo tempo... non so... non so davvero come rintracciarlo"
Carico il fucile manualmente. Il bossolo non ha neppure toccato terra che Frank scoppia in lacrime.
"Frank... Frank... non si fa così... io mi sono dimostrato disponibile, ti ho offerto il mio aiuto... e tu che fai? Mi dici balle? Vedi, io potevo venire qui, spararti in mezzo agli occhi e al tuo funerale incontrare Khodorkovski... Oppure potevo aspettarti a casa, legavo tua moglie ad una sedia con della corrente elettrica, e piano piano aumentavo il voltaggio fino a quando non parlavi... tua moglie ti sarebbe stata molto grata dopo, eh? E invece no, io vengo qui, con tante buone intenzioni... e tu mi dici balle... non si fa così Frank, no no"
Continua a piangere.
"Ti prego... non so nulla..."
Mi alzo.
Vado dietro la sua scrivania, lo afferro per i capelli unti e gli sbatto la testa sul ripiano della scrivania.
"Allora?"
Piange.
Lo sbatto di nuovo. Il sangue inizia a colargli dal naso.
"Allora?"
Farfuglia qualcosa.
Lo sbatto di nuovo, stavolta sento il crack del naso.
Le lacrime si mischiano al sangue, un cocktail al sapore di vergogna. Conosco dodicenni con più orgoglio di questo verme.
"Ok... ok... Khodorkovski si troverà in città fino alla fine del mese, alloggia allo Sheraton Hotel"
"Ah, si tratta bene... Camera?"
"Non me lo ricordo"
Un altro crack.
"Aspetta, aspetta, ce l'ho scritto qui, sull'agenda... camera 354"
"Grazie, Frank, visto che non era così difficile?"
"Ora non ammazzarmi ti prego..."
"Eh, questo è un bel problema Frank... perchè vedi, io ora dovrei fidarmi di te... dovrei fidarmi del fatto che tu non telefoni a Khodorkovski non appena io esco fuori..."
"No, non lo telefono, te lo giuro, anzi, ultimamente ci sono delle divergenze tra noi, dei problemi di rifiu... cioè, sta diventando troppo potente, se lo ammazzi mi fai un piacere, giuro"
"Capisco Frank, capisco, ma resta il fatto che dovrei fidarmi di te... facciamo un patto, tu mi dai il tuo cellulare, e io non ti ammazzo"
Spalanca gli occhi, non ci crede neppure lui.
"Ok, ok, tutto quello che vuoi, tieni."
Col calcio del fucile gli spacco il telefono che ha sulla scrivania. Urla dalla paura.
"Oh, scusa Frank, non credevo di spaventarti... questa è solo una piccola precauzione, si capisce"
Mi dirigo verso la porta, mi giro e lo guardo.
"Stammi bene Frank."
Esco e vado verso la macchina. Devo fare in fretta, presto ci saranno più federali qui che al pentagono. Salgo in macchina, accendo il motore e parto. Mi fermo ad un centinaio di metri dal Blue Light, giusto per stare sicuri. Dopo 5 secondi arriva l'esplosione della mina a pressione che avevo infilato sotto il telefono del bancone. Abbastanza potente per cancellare ogni traccia ma non da far crollare l'edificio.
Niente innocenti, solo una lunga scia di sangue sporco.

E ora, Khodorkovski.

giovedì 7 febbraio 2008

Capitolo 4.4 L'inizio

Se non fosse per qualche ragazza intenta a imitare Faye Dunaway nelle vicinanze dell'ingresso
non direste che dietro alla porta numero 13 di Diamond Street ci sia un bordello, ma tant'è.
Dove una volta si riunivano i Padri fondatori di questa zona del paese si fa ancora politica, anche se in modo diverso e con incentivi diversi.
La continuità spirituale è una bella cosa... per questo La città fredda non se la permette.

Entro dentro con il cappotto umido, impregnato dell'odore della pioggia, ormai decisa a non muoversi più da questa parte di cielo. Jeff chiude la porta alle mie spalle e sorride gentilmente al gorilla che attende di fronte a quello che è il vero ingresso.

"Non potete entrare. Non mi piacciono le vostre facce."
"Che ha detto, Max?"
"Che non gli piace la tua faccia."
"Veramente non mi piace neanche la tua." Aggiunge l'educato portiere.
"Max forse posso capirlo, io ho la faccia gonfia per i pugni dell'altro giorno... È per questo vero?
Sai come ti dicevo ti capisco..." e si avvicina, accennando a tirare fuori un centone dal portafogli...
"Poche chiacchiere ne serviranno almeno un paio di quelli, poi la tua faccia mi sarà simpatica."
"Hai ragione, ce ne vorranno un paio."
E sferra due diretti, un destro e un sinistro sul setto nasale del gorilla, poi lo colpisce con un calcio allo stomaco, e mentre il gorilla ulula dal dolore ne tira un altro nei reni.
"Jeff!! Avevi detto un paio..."
"Davvero? Non me ne ricordo Max, lo giuro..."

Entriamo... La sala principale è tutta color viola: tavoli, arazzi, lampadari e tappeti, perfino il bancone del bar... Le luci dei lampadari invece sono verde acido e molto soffuse... Se non fossi forte di stomaco vomiterei addosso all'arredatore.
Non mi interessano molto i personaggi che affollano la sala dei poveri a caccia di illusioni fugaci, quindi mi dirigo direttamente verso le salette private. Se Mastell è in casa qualcuno veglierà sicuramente sulla sua porta.

In effetti qulcuno c'è... quattro gorilla all'imbocco del corridoio, con le automatiche in bella vista...
Pensavo sarebbe stato più difficile. Mando Jeff con andatura dinoccolata verso di loro, e lo seguo... Sono facilmente irritabili i gorilla di oggi, non sono più i seri professionisti di una volta. Subito disinseriscono le sicure e puntano le automatiche, peccato che lo facciano su Jeff.
Ho il fucile a pallettoni carico sotto il lungo cappotto logoro e nero. Lo tiro fuori e premo il grilletto, tre volte...
Uno stomaco si buca, un cervello schizza sulla parete e un ginocchio va in pezzi...
Sarei tentato di premere ancora il grilletto ma il quarto membro della compagnia si è buttato a terra e Jeff lo sta riempiendo di calci, ancora.

"Jeff smettila... La mascella gli serve intera."

Intanto si sente una corsa alle mie spalle, una corsa multipla, mi giro e faccio fuoco ancora...
I muri viola si tingono di rosso due volte... gli abbinamenti non sono il forte in questo posto.
E altre due vite sono state sacrificate.

"In quale camera devo cercare Mastell?"
Trema e non riesce a rispondere.
"Senti ragazzo, quando piove merda che tu ti butti a destra o a sinistra non cambia nulla, gli schizzi ti raggiungono lo stesso. Parla..."
"L'ultima a destra."
"Jeff, accompagnalo in ospedale e poi vai a casa."
"Ok, Max, gli offro anche da bere prima."

È proprio vero: le conseguenze della collera sono più gravi delle sue cause.
Intanto vediamo se Mastell sa dirmi dove trovare Khodorkowski.

sabato 2 febbraio 2008

Capitolo 4.3 Luci blu

Il primo sole dell'alba mi colpisce in pieno negli occhi. Un pugno con sei minuti di rincorsa.
Sono quasi convinto l'abbia fatto apposta, il sole.
La mattina ho di queste manie di grandezza.
Mi alzo, la gamba sinistra è intorpidita. Ho dormito sul divano, di nuovo. Con i vestiti addosso, di nuovo.
Una doccia bollente dopo, ed eccomi di nuovo in carreggiata, al centro strada e in forma smagliante. Con la barba di tre giorni e il saporaccio del caffè solubile in bocca. Ma va beh, nessuno è perfetto.

Arrivo nel mio ufficio. Do' un calcio alle lettere che intralciano la porta, sicuramente tutte bollette e pubblicità, tutta roba che può aspettare.
Apro l'armadietto chiuso a chiave e tiro fuori il fascicolo numero 46. Deve essere quello del periodo delle foto sullo yatch. No, è quello dopo, il 47.
Sfoglio le pagine frettolosamente, è da tanto che non mi sento così impaziente, quasi annusassi l'odore del traguardo, la striscia bianca tesa alla fine di ogni gara.
Eccolo.
Khodorkovski.
Cerco le informazioni che avevo trovato su di lui ma... niente residenza.
Guardo meglio: in effetti non ero riuscito a trovare granchè su quest'uomo, tranne il fatto che fosse nel consiglio amministrativo delle stesse imprese di cui ho trovato i bilanci da Pei... ma... questo è interessante: è il pupillo di Frank Mastell, un politico corrotto della giurisdizione della città fredda. Ha talmente tanto le mani in pasta che mi domando ancora come le riesca a muovere. Possiede praticamente tutto il quartiere popolare nella prima periferia, una delle zone più degradate della città, ma grazie al suo monopolio riesce a mantenere gli affitti a prezzi da usuraio. C'è stata anche un'inchiesta per degli scarichi tossici da quelle parti, ma il tutto è stato insabbiato dopo delle sospette verifiche tecniche che hanno bollato come infondate le voci. È tutto alla luce del sole, pulito e lucido come il culo di una cagna in calore.
Possiede anche molte delle fabbriche che circondano la città, dove lavorano le stesse persone a cui strappa ogni centesimo per l'affitto. Credo gli abbiano anche assegnato una qualche onorificenza per l'eccellente lavoro svolto e per la ricchezza che crea PER IL PAESE.
Sempre in prima fila per i diritti morali, "White, anglo-saxon, christian", gestisce tramite dei prestanome la più grande catena di strip-tease di tutta la nazione, i "Blue Lights".
Ce n'è uno anche in città, ovviamente. Potrei cominciare da lì.

Già, non c'è proprio nient'altro che potrei provare.
Nient'altro.

È un lavoro duro, ma qualcuno deve pur farlo.

venerdì 1 febbraio 2008

Capitolo 4.2 Goodnight goodnight

"Andai in un bosco di noccioli, perchè un fuoco ardeva nella mia testa."

La consequenzialità stretta l'ho sempre apprezzata. Le catene causa ed effetto stringenti,
grazie alle quali posso fermarmi a non pensare... quando il fatto, sebbene stupido, parla da solo.
Ora io sarò il motore primo di tutti gli eventi che porteranno all'inferno le anime che se lo saranno meritato... per le altre non ci sarà neanche questa consolazione.

Ho bisogno di Khodorkovski... Andrò a cercarlo a casa sua.

Mentre la pioggia ricomincia a cadere cammino nel buio e sotto le lampade della città fredda,
dove anche l'asfalto comincia a diventare fangoso.

Torno a casa, ho bisogno di dormire ancora un paio d'ore e di farmi un bagno caldo.
In realtà non so stare senza il mio fucile a pompa, e poi mi servono una decina di granate.
Questa volta però non farò l'errore che ho fatto con Pei, lanciandomi a testa bassa sul toreador.
Andrò prima a consultare la planimetria della graziosa villa di Khodorkovski negli uffici del catasto. Noi Blade siamo sempre stati persone prudenti.

...

Casa...
Mi butto sul divano e chiudo gli occhi... neanche i miei ricordi vengono a disturbarmi questa notte... Ricordo quella volta nel Deserto Dipinto... ero solo.
Buonanotte, buonanotte.